venerdì 24 febbraio 2012

Sonja di Norvegia (seguito e finale)

La serata al Grand Hotel contiene altri momenti di panico e di comicità insieme. In breve: appena arriviamo dobbiamo consegnare l'invito e in cambio ci danno un altro cartoncino con il numero del tavolo. Mi accorgo con terrore che ci hanno messi in due tavoli separati (il perché non l'ho mai capito: e non mi sembra una scelta molto elegante: ma i nordici sono diversi da noi). Eileen parla e scrive correntemente in tre lingue, io no: sono terrorizzato! Percorriamo un corridoio: ci viene incontro un signore in divisa dall'aspetto (veramente) regale e il petto pieno di medaglie. Io e Eileen pensiamo per un attimo che sia il Re di Norvegia e stiamo per salutarlo nel modo dovuto, quando ci rendiamo conto che lo stanno chiamando e lui corre via in modo assai poco regale. Alla fine scopriremo che era un ufficiale della guardia del Palazzo. Forse solo una guardia, chi sa. Infatti le medaglie si sprecano su quelle divise molto più colorate delle nostre, come nelle cerimonie sulla Piazza Rossa.

Arrivati nella sala dove gli invitati si conoscono e bevono qualcosa facciamo un po' di conversazione in piedi ma non conosciamo nessuno. Finalmente incontriamo l'ambasciatore in Norvegia e sua moglie (che sono persone veramente gentilissime e disponibili) e parliamo un po' con loro. Poi arriva Enrico Letta (che avevo conosciuto da Ministro dell’industria) e anche con lui scambiamo qualche saluto: ma la gran parte del tempo parliamo fra noi in un angolo. Alla fine si va a cena in un salone enorme con un lungo tavolo rettangolare dove staranno seduti il Re, la Regina, il Presidente Ciampi, la Signora Franca e altri. Davanti al tavolone, molti tavoli tondi da quattro persone ciascuno. Ci perdiamo di vista. Io sono seduto con personale dell'Ambasciata di Norvegia in Italia e con una signora norvegese che parla anche francese, per fortuna. Io con l'inglese sono un disastro, mentre con il francese mi vergogno molto meno e riesco a simulare disinvoltura (anche se ogni tanto, soprattutto i francesi, mi guardano spalancando gli occhi). In mezzo ai tavoli c'è un signore in piedi vestito in divisa che attira la mia attenzione: non solo è pieno di medaglie, ma ha una staffa di una decina di centimetri, che esce da un lato della giacca, in modo da ospitare ancora più medaglie di quelle che ci starebbero normalmente. Chiedo alla signora vicino a me chi sia quello e lei mi risponde sorridendo che è uno dei suoi subordinati: che è il cameriere capo della Regina. Le domando come mai tante medaglie (che nemmeno un generale sovietico avrebbe avuto il coraggio di mettere) e lei sorride. Ha l'aria di volermi dire che in Norvegia i maschi hanno quel debole lì: ma non ne sono sicuro. Poco dopo scopro che la carne tenerissima e dolciastra che sto mangiando è renna. Mi chiedo dove l'abbiano trovata a Roma o se l'abbiano portata loro direttamente da Oslo, ma non faccio domande. Si parla del più e del meno sulla situazione italiana: faccio qualche domanda generale sulla Norvegia (che dal punto di vista paesaggistico è bellissima: davvero. Con coste strepitose, senza molti eguali nel mondo). Imparo che l'Italia importa ogni anno l'intera produzione norvegese di stoccafisso (non di baccalà, attenzione) e mi chiedo, fra me e me, chi è che possa mangiare tanto stoccafisso: i liguri? i marchigiani? boh... Non ci sono discorsi ufficiali e in un'oretta e mezza la cena finisce. Ci riuniamo di nuovo in un foyer: ancora chiacchiere fra noi e con l'ambasciatore e sua moglie. Poi arriva una signora del cerimoniale (dovrei dire un sergente o un colonnello) e ci dice che è venuto il momento di presentarci ai Sovrani. Ci accompagna in un'altra stanza dove ci sono anche i Ciampi. Si deve aspettare un momento. Noi ci presentiamo al Presidente e alla Signora Franca (che ancora non conoscevamo): stiamo rispondendo alle domande gentili che ci fanno sulla nostra città ma torna il "sergente" a chiamarci e dobbiamo lasciarli di colpo: "arrivederci Presidente, arrivederci Signora, molto lieti, molto lieti...". Un'altra figura da ragazzi di campagna! Poi veniamo introdotti al Re e alla Regina che, in piedi, stanno salutando altri ospiti. Ancora un minuto di attesa e tocca finalmente a noi. Aspettiamo che siano loro a darci la mano, come ci aveva avvertito mia suocera e pieghiamo la testa in segno di saluto. Il Re ha l'aria molto annoiata. Anzi, sembra essersi addormentato in piedi: tiene il collo piegato da un lato e guarda a terra, rassegnato. Si scuote solo quando Eileen dice di aver visto su Internet che lui è un appassionato di barche a vela. Alla parola "sailing boat" alza la testa, sorride e per un istante ci guarda persino incuriosito. Dice qualche frase di circostanza che non capisco e poi torna a piegare il collo e guardare a terra: il tempo è scaduto e lui si è assopito. La Regina invece è impeccabile: sorride e si mostra attenta, ci dice che è lieta di venire ad inaugurare la mostra da noi. Ma anche il nostro turno di presentazioni è terminato e non ci resta che salutare: ancora l'ambasciatore Mochi Onory (che non potrà essere in città perché deve andare a Milano con il Re: verrà invece sua moglie), Arrigo Levi (portavoce del Presidente Ciampi) che appena ci vede se ne esce con la frase che Eileen è tale quale al padre (ma noi sorridiamo perché capiamo che voleva essere un complimento) e poi (finalmente) possiamo tornarcene in albergo. La serata è finita abbastanza in fretta e, tutto sommato, con pochi traumi: ma domani sarà una giornata lunga.

Partiamo molto presto il mattino, con la macchina del Comune. La Regina arriva con un aereo e dobbiamo assolutamente essere lì pronti a riceverla. Ne approfittiamo per esercitarci. Si poteva scegliere e ho deciso che avrei parlato in francese alla Regina Sonja. Dovevo fare un breve discorso in apertura della colazione e quello l'avevo già scritto a mano. Per il resto andare a braccio, fin dai saluti. Eileen (che ha studiato in Francia) mi faceva fare allenamento durante il viaggio parlando in francese del più e del meno, come avrei dovuto fare più tardi. Ogni tanto telefonavamo alla sua amica Gaud che da Parigi (libro del cerimoniale francese alla mano) ci dava consigli su cosa dire e soprattutto cosa non dire. Ad esempio, assolutamente vietato dire: "Bienvenue" o qualcosa del genere al momento di riceverla. Dopo qualche consultazione abbiamo optato per un "Je suis très heureux de vous revoir, votre Majestee". E insomma, dopo qualche ora di esercitazione mi sentivo abbastanza tranquillo. Tanto più che Gaud da Parigi mi aveva autorizzato a usare anche (dopo un po') un più facile "Madame la Reine".

Arriviamo in città dopo tre ore e mezza circa: giusto il tempo di cambiarci (indossare un vestito nuovo e la fascia tricolore) e siamo sotto il Teatro. Ripassiamo la parte: faccio un'ultima ricognizione al piano di sopra assieme a Silvia. Ci sono già tutti: Prefetto, Presidente della Provincia, della Cassa di Risparmio, della Camera di Commercio, il Vescovo. Tocca a me presentarli alla Regina uno per uno: in francese. Li prego di fingere di niente se dovessi sbagliare nomi e incarichi (sono più di 10 e già in italiano mi confonderei di sicuro). Mi rispondono sorridendo di stare tranquillo. Invitato (inatteso, ma gradito) anche Vittorio Sgarbi che allora era Sottosegretario al Ministero dei beni culturali e quindi stava rappresentando ufficialmente il Governo. Questa novità comportava un po' di variazione di programma. Vado dalla signora del cerimoniale norvegese che era già sul posto e le spiego che è arrivato anche il Sottosegretario di Stato Sgarbi e che bisognava prevedere anche un suo discorso all'inaugurazione della mostra. La signora mi risponde tranquilla che non se ne parla nemmeno: "Il programma resta quello stabilito". Io cerco di farle capire che un rappresentante del Governo non si può non farlo parlare. Lei mi guarda (occhi azzurri, freddi) e mi dice testuale: "Questo è un problema vostro". Porca miseria! Comincio a rimpiangere i nostri bizantinismi: essere precisi nell'organizzare le cerimonie è un vantaggio ma poi è chiaro che alla fine qualcosa si rompe, almeno in Italia! Torno da Vittorio con cui ho confidenza e simpatia dai tempi del "Liceo Ginnasio Ariosto" malgrado la sfida elettorale del ‘99. Gli spiego come sono messe le cose e lui mi dice (giustamente e senza nessuna arroganza, perché quando è nella sua città si comporta sempre in un modo abbastanza civile): "Come faccio a non parlare alla mostra sulla pittura norvegese? sono il rappresentante del Ministro..." Torno dalla colonnella norvegese e provo a insistere. Questa volta, non so perché, si impietosisce e mi risponde: "Va bene: il Sottosegretario ha 30 secondi per il suo saluto. Perché la Regina poi deve ripartire". 30 secondi? Vittorio in 30 secondi non dice nemmeno come si chiama! Ma non c'è ulteriore spazio negoziale, lo vedo da come quegli occhi gelidi mi guardano. Torno da Vittorio che sta dall'altra parte della guida rossa e gli dico: "Senti, quel cerbero ti ha dato 30 secondi. Io ti do 3 minuti dei miei e così hai 3 minuti e 30 secondi a disposizione, ok?". Anche questa volta mi va bene: Vittorio si impietosisce e mi dice di non preoccuparmi. Invece io sono preoccupato eccome. Lui dovrebbe stare di sopra con le altre autorità e invece è giù con noi. Dovrebbe stare alle mie spalle ma figuriamoci! E non ho idea se conosca il copione: escludo del tutto che si sia preparato!

Pochi minuti di ritardo e arriva la Regina Sonja. Inspiegabilmente tutto funziona come da copione. Vittorio si presenta e la Regina (che ha davvero una professionalità come la carica richiede) lo saluta cordialmente. C'è un po' di gente che ci guarda dall'altro lato della strada. Sonja saluta sorridendo, alzando il braccio e muovendo il polso. Fino a quel momento quel gesto (da regine) l'avevo visto solo nei filmati su Elisabetta seconda. Mi chiedo: ci sarà una scuola professionale per regine da qualche parte? Poi mi riprendo: lei mi sorride (del resto, con quella fascia tricolore che ho addosso non può confondersi) e mi si avvicina, le presento Eileen
e ci avviamo su per le scale del Teatro. Mentre saliamo riesco anche a chiederle come è andato il viaggio e parlarle un momento della nostra città. (Non azzardo a commentare la cena della sera prima perché immagino che, nel mio francese, non si distingua bene il "renne" di renna con il "reine" di regina e il rischio di dirle che "era buona la carne di regina" è alto). Arriviamo su. Il copione dice: il Sindaco consegna la Regina al responsabile di camera che la conduce in bagno. E così avviene. Io ne approfitto per togliermi la fascia (come previsto e concordato) e dare un'ultima occhiata alla sala da pranzo allestita nel foyer del teatro. Tutto è in ordine: le autorità sono già schierate su un lato, quasi sull'attenti. Ci sorridiamo, complici. Sulla bella tavola imbandita ci sono delle sculture che il maitre si è portato dal suo ristorante. Il maitre (Igles Corelli) è molto bravo e conosciuto ma le sculture non mi piacciono per niente. Ormai è tardi. Chiedo a Silvia di girarle in modo che quei fronzoli di ceramica si vedano il meno possibile. Ma qui compio un ennesimo errore da provinciale (o questa volta sono i norvegesi a manifestare qualche pecca?) perché quelle sculture piaceranno moltissimo alla Regina e al suo seguito (di donne): persino più del pranzo (che è eccellente) e le osserveranno a lungo davanti ai miei occhi inorriditi.
Intanto mi fanno capire che Sonja è uscita dal bagno. Corro a riprenderla e insieme entriamo nel salone. Le presento uno a uno le autorità (nome cognome e incarico, in francese, senza sbagliare quasi nulla) mentre lei allunga la mano e sorride ad ognuno. Poi, come previsto, l'accompagno al suo posto e vado al mio che è di fronte a lei. Qui il copione era precisissimo: la Regina si siede, si siedono le signore, il Sindaco si siede, si siedono i signori. Il sindaco si rialza e legge un (breve) discorso di saluto. Il Sindaco termina il discorso, la Regina sorride, il Sindaco si risiede e comincia la colazione. E io mi chiedevo: e se non sorride? Invece no (forse anche lei si era preparata o forse lo fa tutti i giorni): ha sorriso in maniera esplicita e incontrovertibile e questo ci ha consentito di cominciare a servire in tavola. Alla sua destra il Vescovo, alla sua sinistra Sgarbi, io di fronte, direi che siamo riusciti a fare persino una conversazione decente. Sonja, comunque, non lasciava trasparire nessuna emozione: nemmeno quando Sgarbi le ha messo quasi la testa nel piatto per farle vedere un punto preciso su una carta della città che lei teneva davanti a sé. Nemmeno quando lui ha detto (per scherzo, ma insomma...): "madame, mai vous êtes folle!" in risposta a una battuta di lei. E nemmeno quando, alla fine del pranzo, le ha rovesciato un bicchiere d'acqua addosso. Impassibile, impeccabile: very professional. Se si può dire così di una regina.

Il seguito del pomeriggio è filato via liscio come doveva. Siamo andati alla mostra io e lei soli nella sua macchina con le bandierine norvegesi sui parafanghi. Lungo il Corso Ercole d’Este le stavo dicendo che è una delle strade rinascimentali più belle d’Italia e lei (che si era evidentemente preparata sulla città) mi ha corretto dicendo: “Pas seulement d’Italie, d’Europe mon chère, d’Europe…”
A Palazzo dei diamanti Abbiamo fatto i discorsi ufficiali: io e Vittorio in Italiano, lei in norvegese. Abbiamo visitato la mostra e siamo tornati (passando per la prefettura) in Municipio: per un veloce scambio dei doni. Nella Piazza municipale ancora non sistemata era allestita una grande bandiera norvegese fatta di fiori (a coprire i buchi ancora visibili nel manto della piazza). Noi le abbiamo regalato una bella carta originale del '600 che rappresentava il nostro territorio con il fiume e la laguna fino al mare. Lei un vaso rosso di ceramica smaltata con sopra la "S" dorata di Sonja. Discesa dello scalone, saluti ai cittadini incuriositi che ci aspettavano. Poi il commiato: la Regina sorride e porge la mano a Eileen che non riesce a dirle niente di meglio (dopo tutto quel raccomandarsi con me) che un "Au revoir, Madame la Reine" per cui la prendo in giro ancora oggi. Sonja alza il braccio e muove ancora il polso in segno di saluto, poi sale in macchina e parte. La stanchezza si impadronisce immediatamente di noi: siamo stremati ma felici che le cose siano andate in maniera decente: che non abbiamo fatto una figura da contadini. Non al Palazzo dei Diamanti, almeno dove la mostra è stata ammirata anche dalle signore norvegesi.
Un giornalista, qualche tempo dopo mi ha mandato una foto in cui si vede la Regina che mi sorride e mi sistema la fascia con una mano. Sotto ci ha messo una frase in dialetto come una zia direbbe a un nipote in disordine: "Tié sempar tutt strabizzà!". Sta ancora in bella mostra nel mio ufficio.

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