domenica 27 maggio 2012

Ad perpetuam rei memoriam: cose da nulla... (2)

Mente Locale, Bompiani, pgg. 110-112

... Ho avuto con Beppe Grillo uno dei colloqui più sgradevoli della mia carriera: per fortuna solo telefonico. Credo sia stata colpa mia. Pensavo di parlare con il simpatico istrione che mi diverto a vedere nei suoi spettacoli e invece mi sono trovato di fronte un politicante che cercava di imbrogliarmi.
In breve. Grillo doveva passare in città per uno dei suoi spettacoli. Mi è arrivato per posta un invito a partecipare e i giornali ne hanno dato notizia. Ho fatto ringraziare dalla mia segretaria e mi sono scusato di non poter andare allo spettacolo. Ho in- vitato Grillo, se voleva, a prendere un caffè in Comune, come faccio spesso con gli ospiti di un certo riguardo. Dalla sua organizzazione hanno risposto che non avevano mandato nessun invito al sindaco e che avrebbero avvertito Grillo dell’idea del caffè. Lo spettacolo c’è stato, con il solito successo. Il mio ufficio stampa mi ha informato che Grillo ha fatto una battuta contro di me all’inizio e poi lo spettacolo ha seguito il suo copione. La battuta è stata: “Hanno preso il capo di Cosa Nostra, ma non siamo riusciti ancora a catturare il latitante numero due: il vostro sindaco! Vedrete che prima o poi lo acchiapperemo!” Non era una battuta leggera, ma in bocca a un comico poteva anche far ridere.
Al telefono sono stato cortese con una persona che immaginavo fosse in privato divertente come in pubblico. Lui mi ha risposto con una voce niente affatto simpatica che se l’invito a prendere un caffè in Comune era per fargli cambiare opinione era meglio non vedersi. È seguita una conversazione piena di equivoci. Io non sapevo di quali opinioni stesse parlando, Grillo mi spiegava quanto fossero dannose le micropolveri e in particolare le nanoparticelle di metallo, come sostenevano scienziati di fama internazionale che collaboravano con lui. Io non capivo perché mi dicesse con astio quelle cose, visto che stavamo costruendo una centrale elettrica a metano che produce ossidi di azoto in quantità forse preoccupanti, ma non particelle metalliche. Lui mi trattava come uno che vuole nascondere le cose, io replicavo dicendo che tutti i documenti tecnici erano pubblici e che le polveri sottili sarebbero calate. Poi ha fatto una proposta come se fosse una concessione: se volevo un colloquio con lui avrei potuto invitarlo a parlare in un Consiglio comunale straordinario aperto ai cittadini. A questo punto, svelato il trucco, ho risposto che in consiglio comunale parlano solo coloro che sono eletti dai cittadini: non mi interessava se a Reggio Emilia gli avevano dato la parola in un consiglio comunale straordinario e nemmeno che i suoi consulenti fossero stati ricevuti dalla Regina Elisabetta, come sosteneva. C’erano dei regolamenti ai quali intendevo attenermi e lui avrebbe potuto parlare in qualsiasi altro luogo pubblico della città, e partecipare ai lavori della commissione consigliare sull’ambiente (che sono pubblici) se voleva, ma non parlare davanti al Consiglio riunito.
Grillo accettò la sfida e qualche settimana dopo organizzò un suo spettacolo in Piazza Municipale proprio durante i lavori del consiglio comunale. Si fece montare un microfono sullo Scalone monumentale di marmo e da lì parlò a circa 5000 persone riempiendoci di insulti per non aver voluto ascoltare i suoi famosi scienziati alludendo ancora al latitante che “finalmente era trattenuto dentro” mentre loro stavano liberi in piazza. Al comiziospettacolo partecipò anche il mio ex direttore ge- nerale nella nuova veste di politico ambientalista. Alle elezioni successive la sua lista prese 2500 voti, la nostra 50.000. La democrazia di mandato, con tutti i suoi limiti, da noi convince ancora più della democrazia di piazza, o di palcoscenico.
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Ad perpetuam rei memoriam: cose da nulla...

Mente Locale, Bompiani, pgg. 47-51

.... Il sindaco è, insieme, vertice dell’esecutivo, in altre parole capo del governo locale, e responsabile dell’amministrazione, cioè dell’apparato di funzionari e dirigenti che realizzano e rendono operative le decisioni dell’assemblea (il consiglio) e dell’esecutivo (la giunta).
Nella prima funzione il sindaco ha un potere quasi assoluto. Nomina e revoca gli assessori che sono, secondo la riforma del ’93, suoi collaboratori fiduciari e non più rappresentanti dei partiti.
La funzione del sindaco come capo dell’amministrazione è invece temperata in vario modo. Esiste una figura obbligatoria di segretario comunale, nominato dal sindaco sulla base di un elenco di persone appartenenti a un albo nazionale dei segretari comunali: una sorta di tecnocorporazione di controllori che sopravvive in barba al principio di responsabilità. Il segretario comunale è garante della congruità degli atti, come una sorta di notaio, ma in qualche misura può vigilare e sovrintendere, se incaricato anche di questo, sull’operato degli uffici. Esiste inoltre la figura, non obbligatoria, del direttore generale del Comune o city manager, scelto dal sindaco sulla base di competenze ed esperienze di direzione maturate anche all’esterno del Comune. Il direttore, che risponde unicamente al sindaco, è a tutti gli effetti il “responsabile della gestione”. Il legislatore, nel 1997, ha immaginato con questa figura di portare un po’ di cultura manageriale privata all’interno di un ente pubblico non abituato a criteri di efficienza, efficacia, produttività, obiettivi assegnati, responsabilità, rendicontazione ecc. Le esperienze nei Comuni che hanno introdotto questa figura sono varie. In alcune città l’esperimento è andato bene e il sindaco ha nel direttore un braccio in più, un controllo quotidiano sull’attività degli uffici: tempi, modi, relazioni con altri enti e rapporti con i cittadini. In altri casi, più frequenti,si è determinato un conflitto esplosivo tra direttore e dirigenti, direttore e assessori, direttore e sindaco. Nella mia città è accaduto proprio questo. Il direttore che ho scelto, un brillante manager (anche lui proveniente dal settore cooperativo), ha ini- ziato a litigare con i dirigenti, a contrapporsi agli assessori accusandoli di scarsa capacità, a dividere i collaboratori tra quelli che stavano dalla sua parte e quelli che erano contro di lui. Soprattutto, ha immaginato che il sindaco fosse una figura istitu- zionale simbolica e che le vere decisioni le dovesse prendere tutte e solamente lui. Io e il vicesindaco abbiamo cercato di spiegargli per un anno intero che così non andava bene, che le sue capacità erano riconosciute da tutti (che qualche ragione per criticare i dirigenti l’aveva), ma che il suo modo di fare era devastante e inaccettabile. Lui prometteva di cambiare ma, evidentemente non voleva o non ci riusciva. Quando ha querelato due dirigenti perché riteneva l’avessero diffamato, abbiamo deciso di licenziarlo perché era venuta a mancare la fiducia nei suoi confronti. Gli abbiamo liquidato le cifre – molto alte – previste dal suo contratto e abbiamo vinto la causa civile che ha immediatamente intentato contro il Comune per avere più soldi del dovuto. Inutile dire che l’opposizione mi ha attaccato a lungo su questa vicenda: prima per averlo scelto come direttore generale, poi per averlo pagato molto e infine per averlo licenziato. Avevano ragione e, per un paio d’anni dopo quell’esperienza traumatica, abbiamo rinunciato alla figura del direttore generale, cercando di risistemare gli uffici e incollare i pezzi della macchina comunale che lui aveva rotto. Poi le funzioni del direttore le abbiamo affidate, come molti altri Comuni, al segretario comunale.
Ci sono due particolari paradossali e persino ridicoli in questa vicenda che è stata per me molto penosa. Il primo è che i sindacati dei dipendenti comunali stavano con il direttore e non con i dirigenti e i dipendenti (tanto meno con il sindaco ex sindacalista della Cgil). Così ho smesso di incontrarli, anche perché in fase di contrattazione usavano tecniche di rilancio negoziale non degne di un sindacato serio.
Il secondo paradosso è che ora l’ex direttore ha abbandonato l’abito del manager superprofessionale e superpagato e si è dato alla politica. Ha fondato una lista civica quasi famigliare con il sostegno del movimento di Beppe Grillo e alle ultime elezioni è diventato uno dei capi dell’opposizione in consiglio comunale. Adesso sostiene che è stato licenziato perché si era opposto ad alcune decisioni prese dal sindaco e dalla giunta (tra cui la realizzazione del nuovo ospedale di Cona) ma è una motivazione di pura fantasia. È stato licenziato perché voleva fare il sindaco senza essere stato eletto.
Però l’errore di averlo scelto non posso imputarlo a nessun altro che a me; complici le raccomandazioni di alcuni dirigenti del mondo cooperativo di cui all’inizio mi sono fidato.
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giovedì 24 maggio 2012

#terremoto 3: una considerazione consolatoria

Pensavo in questi giorni che uno dei luoghi più sicuri anche dal rischio sismico si è rivelato essere il nuovo Ospedale Sant'Anna appena aperto a Cona (Ferrara). E' stato ultimato con anni di ritardo, è costato molto più del previsto, è certamente lontano dalla città. Ma almeno è antisismico. Forse, malgrado tutto, qualcosa di buono abbiamo fatto...

martedì 22 maggio 2012

cronaca domestica del #terremoto (2)


Intanto cominciava ad albeggiare. Ci siamo fatti coraggio e siamo risaliti per accendere la televisione. Abbiamo alzato il volume, aperto le finestre e siamo tornati in giardino ad ascoltare le notizie. Si sentivano i primi timidi annunci sul terremoto e poi una quantità di approssimazioni quasi inquietanti. "L'epicentro sembra essere tra Modena e Rovigo" Ma tra Modena e Rovigo ci siamo noi... Boh... Poi un'altra: "l'epicentro è a 36 km a Nord di Bologna". Anche in questo caso ci siamo noi. Perché non dicono "l'epicentro è in provincia di Ferrara? Nel corso della giornata ne abbiamo sentite di tutti  colori: nomi dei Comuni storpiati (Bandeno, Bandano). Paesi attribuiti a Province diverse dalla loro. Poi l'esclusione di vittime, poi i numeri che si rincorrono. Siamo risaliti in casa con molta precauzione e abbiamo cercato di ricostruire i danni. Polvere e pezzi di intonaco in giro ovunque ma nessun danno strutturale, ci sembra. A parte una crepa nell'arco di un muro portante (sotto il quale, per un nanosecondo avevamo pensato di metterci alla prima scossa). Intanto alla televisione parlano di baricentro tra Modena e Ferrrara ma mi accorgo che la macchina sfondata da una pigna di pietra che viene proiettata di continuo si trova accanto al Parco Pareschi, a 80 metri da qui.
In casa, gli unici danni sono alle suppellettili, non ovunque, non in maniera uguale. Dalla credenza in soggiorno è caduta una pirofila di vetro e si è rotta a terra spargendo schegge ovunque. A un metro di distanza un termometro di vetro alto e sottile appoggiato su un mobile non si è neppure mosso. La mia raccolta di cd è appoggiata su tre scaffalature una a fianco all'altra. La prima si è svuotata, i 500 cd sono tutti a terra aperti e svuotati (e in parte gli involucri rotti). Nelle altre scaffalature i cd sono tutti al loro posto, non ne è scivolato a terra nemmeno uno. Da una trave è caduta una barchetta di legno (le altre no). Dalla trave vicino al letto è caduta la statuetta di Tin Tin e si è rotta la testa e un piede (aggiustabile), anche una cariatide di gesso sulla liberia si è spezzata la testa. sono caduti dei quadri. In cucina qualche tazza rotta e una bottiglia di aceto balsamico. Insomma, danni veri in casa nessuno. Ma un danno psicologico che crescerà nella giornata invece che calare. L'idea di non essere sicuri a casa propria è devastante. Siamo abituati da millenni che chiudiamo i rischi fuori dalla porta. Invece il terremoto porta i rischi dentro: soprattutto dentro.
Con molta precauzione e l'orecchio teso facciamo colazione in cucina. Poi decidiamo di vestirci decentemente e andare a fare un giro in città a vedere la gravità dei danni. Saranno le 10, massimo le 11. Le persone sono rientrate in casa (Paco e Pepe non si vedono: due sfollati in più). Ci accorgiamo subito che i vigili del fuoco hanno già delimitato le aree pericolanti (dove è catuta qualche tegola o pezzi di cornicione o pinnacoli o camini dai palazzi storici). Mi sembra che il lavoro di ricognizione sia già stato fatto quasi ovunqua: anche nel nostro vicolo. La mia impressione è che ci siano molti danni diffusi, ma non gravissimi. Almeno in città. E la fortuna che la scossa sia stata di notte.
Torniamo a casa. Dalla televisione capiamo che a Sant'Agostino  e a Finale le cose sono andate peggio. Il Municipio di Sant'Agostino sembra squarciato. La vecchia torre estenze spezzata in due (e poi abbattuta totalmente dalla seconda scossa forte del pomeriggio)
Ci è passata la paura (anche se resta il ricordo di quell'istante di terrore alle 4.04) e cominciamo a pulire in casa: raccogliere i vetri, i pezzi di intonaco e soprattutto la polvere. Alla televisione  spiegano che sono caduti dei capannoni industriali e che ci sono delle vittime: operai che lavoravano nel turno di notte. Proiettano le immagini: i capannoni sono totalmente crollati, il tetto è precipitato a terra intatto. Non hanno tenuto i montanti: è incredibile!

Erano capannoni nuovi! Non è possibile che accada. Sono stati costruiti male! O male utilizzati. Non c'è altro da pensare e da dire. E' una vergogna.
Torna mia sorella e decidiamo di mangiare qualcosa in cucina. Siamo subito interrotti da una nuova scossa ma non confrontabile con quella notturna. Ricominciamo a mangiare. Poi mia sorella torna a casa sua e noi ci mettiamo a riposare perché siamo stanchi e insonni. Ma alle 15.40 schizziamo di nuovo in piedi e scappiamo in giardino. Basta! non si riesce a stare in casa. Decidiamo di fare un giro in macchina. I nostri vicini sono di uovo nel vicolo. Andiamo fuori città a dare un'occhiata. Comincia a piovere. Andiamo a vedere il nuovo ospedale di Cona (appena aperto). Per fortuna è assolutamente intatto perché sottoposto a normativa antisismica. Parlo al telefono con amici amministratori che mi dicono di averlo già  utilizzato per ricoverare anziani provenienti da strutture danneggiate o a rischio. In città ci sembra ci sia molto controllo dei pompieri, della protezione civile, dei vigili urbani. La situazione ora sembra tranquilla. Torniamo a casa. Finiamo di sistemare le cose. Ci arriva una telefonata che dice che in Via Bologna "l'esercito sta consigliando la gente di non dormire a casa". Non dormire a casa? l'esercito? sono impazziti... Mando un messaggio al sindaco. Tiziano gentilmente richiama subito per dirmi che è una notizia assolutamente falsa che qualcuno ha messo in giro su Face Book e che il Comune sta cercando di smentire nel modo più assoluto. Ci sono persone che sono già state ricoverate in alcuni centri perché vengono da edifici a rischio ben individuati, non altro. Lo ringrazio.   
Il capo nazionale della protezione civile presente in città dice la cosa più sensata e anche più desolante: "non c'è alcuna garanzia che le scosse siano finite e che le prossime saranno più deboli delle prime".
Mia sorella è tornata da noi con la valigia. Deve andare a Verona da sua figlia e ha deciso di anticipare la partenza. Ci ragioniamo sopra. Domani io devo essere al lavoro a Roma, Eileen a Milano. L'idea di stare sul chi vive tutta la notte in attesa di una nuova scossa (e magari scappare in giardino sotto la pioggia) non ci piace. Decidiamo di mangiare in fretta e andare a Milano in macchina. Dormiremo lì e poi domani ognuno andrà dove deve.
Prepariamo le valige e partiamo. Non prima di aver messo dei croccantini in un angolo riparato del giardino dove Paco e Pepe potrebbero cercarli e aver lasciato scatolette varie al vicino di casa in fondo al parco (dove pure i fratelli ogni tanto passano a far visita) e aver allertato un vicino di casa del vicolo.
Siamo in macchina per Milano: chissà se ci conteranno tra gli sfollati.
Piove molto ma almeno stiamo tranquilli. Mia sorella per tranquillizzarci dice che perché si rompa l'autostrada il terremoto deve essere davvero molto forte. Però non vediamo passare nemmeno un Eurostar per tutto il tragitto. Domenica notte altre scosse.
Lunedì sera con un ponte telefonico (Ferrara, Tunisi, Milano, Roma) veniamo a sapere che sono finalmente stati avvistati i due mici nel vicolo vicino a casa loro.   

lunedì 21 maggio 2012

Sul #terremoto per gli amici non ferraresi

Scritto sul terremoto per gli amici non ferraresi. Dicono che c'è stata una prima scossa all'1.30 del venti, ma noi non l'abbiamo sentita. Paco e Pepe, i gatti dei vicini che ospitiamo per il we, erano in casa e dormivano anche loro. (C. e G. sono in vacanza in Tunisia e quindi questo fine settimana li abbiamo con particolare affidamento: almeno venti scatolette più croccantini). Paco (quello rossiccio a destra) mi ha svegliato per uscire alle 2.20 (un po' presto per le sue abitudini, ma non era affatto agitato, come si dice). Ha smangiucchiato davanti a me e poi ha sceso lentamente le scale. Io ho aperto la porta e l'ho fatto uscire. Suo fratello Pepe (quello soriano grigio) ci guardava dal pianerottolo ma non si è mosso. Ho aperto una finestra a pian terreno in modo che potessero entrare o uscire a piacimento senza tornare a svegliarmi e mi sono rimesso a letto. Eileen continuava a dormire. Dopo un po' mi sono accorto (saranno state le 3.30?) che Paco era tornato e si era messo a dormire fra le mie gambe, come fa sempre.
(Pepe invece non sale sul letto e preferisce dormire da solo su una seggiolona che c'è al piano di sotto. Paco quando non sta sul letto con noi dorme su una seggiola comacina vicino alla tv). Poi mi sono addormentato profondamente e non ho più sentito nulla fino al momento in cui Eileen mi ha svegliato urlando e già seduta sul letto. Era buio, ma non c'è stato bisogno di accendere niente per capire cosa stava succedendo. Ricordo che non ho avuto nessun pensiero diverso dal fatto che fosse un terremoto, malgrado il dormiveglia e pur non avendone mai vissuti direttamente di così forti e vicini. Si avvertiva un rumore sordo ma molto forte, una specie di ronzio basso e continuo. Poi degli scricchiolii terribili delle travi che abbiamo proprio sopra il letto. Tutto vibrava, il letto sobbalzava e si sentivano cadere gli oggetti che stavano su mobili. Ho sentito polvere che mi cadeva sulla testa. È stata questione di pochi attimi e siamo scappati al buio in giardino così come eravamo. Paco e Pepe sono scappati con noi o prima di noi: da quel momento non li abbiamo più rivisti. Ci siamo sforzati di prendere al volo le cose indispensabili e almeno due giacche le abbiamo indossate. In giardino ho chiesto a Eileen di spostare la macchina e metterla momentaneamente nel parco, lontano dai muri. Così avevamo almeno un posto dove stare. Io intanto (non so dire come mi sia venuto in mente) sono andato a chiudere le 4 serrande delle condutture di gas nostre e dello studio di ingegneri che sta al piano terra (per fortuna sono poste all'esterno). Abbiamo acceso le luci del giardino e delle scale. Ci siamo rinfrancati dallo spavento e abbiamo insieme, con molta prudenza, cercato di salire in casa alla ricerca almeno di scarpe e pantaloni. Ma per due volte siamo scappati a gambe levate perché la terra ha ricominciato a sobbalzare e soprattutto si è sentito di nuovo quel ronzio basso e prolungato da far accapponare la pelle. Dopo una mezzora siamo finalmente riusciti a coprirci e a prendere qualcosa di utile o presunto tale (banane, acqua, una pila, un pc, i telefoni, l'orologio). Ci siamo guardati intorno: dai cornicioni non era caduta una tegola, niente. In casa, invece, un macello, come avremmo visto poi. Abbiamo chiamato mia sorella che sta al terzo piano di una casa moderna e l'abbiamo convinta a scendere in cortile e magari venire da noi. Io sono uscito nel vicolo dove c'era molta gente vestita in fretta come noi e scesa in strada. Mi è venuto di dire solo "buongiorno" e ho visto dalle facce che non avevano capito se avevo voglia di scherzare (e io non ne avevo). Ma erano tutti molto gentili e tranquilli. Una signora ha detto che la vecchia madre non ne voleva sapere di scendere ed era rimasta in casa. Un ragazzo ha detto che si ricordava la paura di un altro terremoto vissuto da piccolo. C'erano molti cani e alcuni abbaiavano. Di Paco e Pepe nemmeno l'ombra: anche la loro casa al numero 11 era aperta e ho pensato per tranquillizzarmi fossero scappati a casa loro. Dopo un po' ho visto spuntare la sagoma di mia sorella in bicicletta. Siamo rientrati da noi lasciando il portone aperto per sicurezza: almeno nel nostro giardino non ci sono muri e cornicioni come nel vicolo. (segue)

venerdì 4 maggio 2012

Festa del libro ebraico

Una bella iniziativa (con qualche polemica)


di STEFANO LOLLI
DA GIORNI tiene banco su Facebook, e sottotraccia in città, la polemica innescata dall’ex sindaco Gaetano Sateriale in merito ad un dibattito organizzato nella Festa del Libro Ebraico.
Cosa è successo di tanto grave che l’ha fatta tanto arrabbiare?
Sono stati invitati giornalisti e intellettuali a un dibattito pubblico e poi gli si è fatto il processo perché le loro opinioni non corrispondevano all’ortodossia del pensiero degli organizzatori del Festival, e questo non va bene. Non va proprio bene.
Diciamolo, si è arrabbiato per il battibecco tra Sergio Romano e il presidente della Fondazione Meis Riccardo Calimani.
Un battibecco può sempre succedere e risultare interessante. Ma non si invitano persone a difendersi da accuse preconfezionate di antisemitismo: il direttore di Pagine Ebraiche aveva i «capi di imputazione» scritti e preparati da tempo, come si faceva nei processi staliniani davanti al popolo. Per non dire dei resoconti a senso unico che sempre Pagine Ebraiche ha fatto del dibattito. Non si fa, non a Ferrara, non quando si è ospiti di una città civile e aperta.
Le dico quello che hanno pensato in molti: si è arrabbiato perché hanno maltrattato suo suocero.
Ma figuriamoci! Hanno bacchettato anche Enrico Mentana perché si è permesso di dire che in una democrazia (quale è Israele) non si può distinguere troppo tra il popolo e il Governo, perché quel Governo è stato comunque eletto dal popolo. Invece il pensiero unico degli organizzatori vuole che tra Stato, popolo e Governo non vi sia alcuna relazione possibile. Un concetto davvero singolare in una democrazia. Comunque non voglio drammatizzare. Solo un episodio di cattiva educazione e scarso senso civico.
Cosa c’entra il senso civico?
Il senso civico c’entra perché se la Festa del Libro Ebraico fosse gestita da una delle tante comunità non ci sarebbe niente da dire: uno va, ascolta e si fa le opinioni che vuole. Invece la Festa è voluta e organizzata anche dal Comune. Come occasione di conoscenza e dialogo tra la grande cultura ebraica, quella cattolica e quella laica. È un momento di apertura e non di chiusura. Mi pare che gli organizzatori della Festa se ne siano improvvisamente dimenticati.
Non è che lei sta prendendo le distanze dal Meis visto che non ci lavora più?
Al contrario. Io credo che il Meis sia un bellissimo progetto per Ferrara, per l’ebraismo italiano e il Paese. Continuerò a sostenerlo nelle forme e nei modi con cui potrò farlo. Sono felice che proprio a Ferrara vi sia un luogo in cui conoscere e far conoscere il grande apporto che l’ebraismo ha dato all’Italia da 2000 anni. Ma proprio per questo non si può pensare che il Meis nasca con orizzonti culturali di chiusura: del noi e voi. Esattamente il contrario. L’abbiamo immaginato come un grande centro culturale e una grande occasione politica di dialogo sui diritti delle minoranze. Il contrario della chiusura, del provincialismo, delle rivalità personali, della gestione in proprio.
Non è così?
Per fortuna il progetto va avanti bene, malgrado le difficoltà economiche. Merito soprattutto dell’impegno della Direzione regionale del Mibac. Bisogna accelerare l’avvio del cantiere e definire quanto prima un compiuto progetto museale. Su questo invece siamo indietro.
Come mai? Sono passati diversi anni.
Non abbiamo ancora trovato le competenze adatte per un lavoro così importante e ambizioso. Il Meis dev’essere all’avanguardia anche sul piano del progetto museale, dei contenuti, delle tecnologie. Non è una cosa che si costruisce in casa, basandosi sulle proprie conoscenze e le memorie di famiglia o su un progetto editoriale. Servono professionisti. Bisogna cercarli in fretta e seriamente, magari con un concorso pubblico internazionale. Il Meis non può essere un’opera di bricolage.
Stefano Lolli